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Operazione U.N.C.L.E. - Recensione

01/09/2015 | Recensioni |
Operazione U.N.C.L.E. - Recensione

Ancora spie, ancora missioni per salvare il mondo (ebbene si), ancora fantomatiche e misteriose organizzazioni criminali, ma soprattutto ancora un film tratto da una serie televisiva di culto: qualcuno sarà tentato dall’effetto ‘già visto’. Ma mai fermarsi alle poche righe di una breve sinossi.
Operazione U.N.C.L.E. è un film che brilla proprio per originalità e ironia: a partire dall’ottima regia di Guy Ritchie, dalle interessanti scelte di montaggio, dalla fotografia curatissima, da costumi di grande appeal e da un cast perfetto.
E’ doveroso un accenno alla storia, ma non fermatevi a questo perché di spy story modernissima si tratta (anche se immersa nei favolosi anni ’60).
Siamo nel 1963, in anni di piena guerra fredda. L’agente della CIA Napoleon Solo (Henry Cavill) è costretto a collaborare con il suo collega del KGB Ilya Kuryakin (Armie Hammer) per cercare di stanare ed eliminare una misteriosa organizzazione criminale internazionale. Il loro unico contatto utile è con Gaby Teller, la figlia di uno scienziato tedesco scomparso (che conosce il segreto di un’arma nucleare avanguardistica). La ragazza è l’aggancio per infiltrarsi nell’organizzazione criminale e sventarne il disegno criminale di portata mondiale.

L’incipit è folgorante. In una Berlino divisa da muri, fili spinati e check point, l’agente della CIA Solo (che cognome!) entra in contatto con la bella figlia di uno scienziato esperta in motori: e lo spettatore è immerso fin da subito nel centro dell’azione.
Dalla fredda e buia Berlino Est, alla solare Roma dell’hotel Plaza, fino a una non meglio precisata località della costa campana, Operazione U.N.C.L.E. non lascia un attimo di respiro mentre mette Stati Uniti e Russia a collaborare tra loro tra inseguimenti in auto, motoscafi ed elicotteri.
Senza risparmiarsi nell’arte di reinventare vecchi espedienti tecnici come lo split screen, o di osare una fotografia di toni accesi e coloratissimi, Ritchie confeziona un film godibilissimo.
La galleria dei personaggi è una sfilata (voluta) di stereotipi: a partire dal bell’agente americano (perfetta è la scelta della bellezza un po’ ingessata e statica di Henry Cavill) e dalla coriacea spia russa (cui il fisico possente di Armie Hammer aggiunge la giusta credibilità), per proseguire con la bravissima attrice svedese Alicia Vikander (la sua Gaby, tosta spia della Germania Est e giovane ‘maschiaccio’ costretta ad indossare abiti d’alta moda, lascia il segno). Ciliegina sulla torta, la sorprendente Elizabeth Debicki (forse non tutti la ricordano ne Il Grande Gatsby), capace di reinventare il ruolo della villain, nei panni (elegantissimi) della perfida Victoria Vinciguerra. Piccolo ma indovinatissimo ruolo per l’immortale fascino british di Hugh Grant.
Fortemente ironico nel dipingere gli anni ’60 così cool e fashion, perfettamente post-moderno nel superare la serie tv (da cui prende solo lo spunto), il talento creativo di Ritchie prende stereotipi d’oro e li reinventa ricoprendoli di una patina vintage perfettamente tirata a lucido. E così la più classica delle storie di complotti terroristici internazionali alla 007 (quello dei tempi d’oro di Connery e Terence Young) prende nuova linfa vitale, pur continuando a giocare sui classici e sempre validi topoi sulle bellezze storiche e naturalistiche del nostro Belpaese (Roma e la sua scalinata di Piazza di Spagna, l’assolata costa campana). A tratti ricco di un certo fascino da videoclip, a tratti pieno di citazioni dai vari James Bond, Operazione U.N.C.L.E. è un vero gioiellino, tra doppi giochi, colpi di scena e battute pungenti (che sanno giocare alla perfezione con la contrapposizione tra Stati Uniti e Russia dei primi anni ‘60).
Ci auguriamo solo che il pubblico colga la portata ironica e dissacrante della farsesca avventura e la sappia assaporare lentamente, come un frizzante sorso di champagne.

Elena Bartoni
 

 


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